avversione alle perdite
The young and conceptual image of a large stone in the shape of the human brain | Copyright: ©Orlando Florin Rosu – stock.adobe.com

Avversione alle perdite | Bias cognitivi: le trappole mentali che frenano il successo negli investimenti

Che la “scelta razionale” come paradigma dell’attività economica umana sia un’ipotesi un tantino azzardata se non addirittura fuorviante è un fatto di cui pare sempre più difficile stupirsi. Tra i primi contributi sul tema vale la pena ricordare “etica ed economia” pubblicato per la prima volta nel 1987 dal premio nobel indiano Amartya Sen.

Da allora ricerche e contributi su questo argomento non si sono fermati e grazie anche agli sviluppi delle neuro-scienze oggi sappiamo con certezza che durante le nostre scelte di investimento non possiamo fare i conti soltanto con la nostra ragione.

Si tratta di stati emotivi, retaggi culturali e familiari, ma anche condizioni imposte dalla nostra neuro-fisiologia che a volte sostengono e a volte si pongono in aperto conflitto con quello che ci suggeriscono i dati effettivamente in nostro possesso e addirittura, in certi casi, il nostro stesso buonsenso.

Sono questi i cosiddetti bias cognitivi, trappole mentali che possono sovrastarci fino a distoglierci dai nostri obiettivi e precluderci la soddisfazione della meta.

Tra quelli che affronteremo nei nostri articoli su questo tema oggi vogliamo iniziare dalla cosiddetta “avversione alle perdite.”

Un attitudine diffusa e, potremmo dire, istintiva probabilmente riconducibile alla nostra necessità di auto-conservazione come esseri umani e più in particolare a quell’area del nostro cervello, in particolare l’amigdala che sovrintende all’elaborazione delle nostre emozioni, una su tutte la paura.

Sempre a proposito di emozioni secondo alcuni studi empirici pare che il dispiacere «puro» di perdere, poniamo, 100 euro possa essere compensato solo dalla soddisfazione «pura» di guadagnarne almeno circa 250.

A essere più precisi pare che la maggior parte delle persone accetterebbe una scommessa con il 50% di probabilità di vincere se a fronte di una possibile perdita di € 100 potesse sperare in una vincita di € 225. Potreste dire che vale lo stesso anche per voi? Provate a sondare che ne pensano i vostri amici.

Pare che sia connessa a questo meccanismo “automatico” l’attitudine diffusa a vendere in anticipo i titoli del proprio portafoglio o per paura di eccessivo ribasso o per paura di mancato ulteriore rialzo.

In effetti le azioni vendute nel giro di un anno superano mediamente del 3,4 per cento quelle tenute in portafoglio spesso confermando un vecchio adagio di Warren Buffett: «vendere i titoli quando si è guadagnato abbastanza è come tagliare i fiori e innaffiare le erbacce».

E la vostra amigdala che ne pensa in proposito?

di Tommaso Paolo Vezzosi


bibliografia

  • A. Sen, Etica ed economia, Bari, Laterza, 2006
  • M. Motterlini, Investire nelle emozioni, Schroders, 2014
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